Ero solo come un ombrello su una macchina da cucire. Dalle pendici dei monti Iblei, a settentrione, ho percorso il cammino, arrampicandomi per universi e mondi, con atti di pensiero e umori cerebrali. L’abisso non mi chiama, sto sul ciglio come un cespuglio: quieto come un insetto che si prende il sole.

da "L'ombrello e la macchina da cucire", F.Battiato

domenica 20 marzo 2011

Su Riccardo Bertoncelli e "L'avvelenata" di Guccini


Girando su Youtube, ho trovato questo video in cui Riccardo Bertoncelli, critico musicale con cui Guccini non fu esattamente tenero nell'"Avvelenata" spiega le motivazioni per cui fu citato nella canzone e racconta quanto avvenne in seguito. Riassumendo (poi i più volenterosi potranno anche sentire il tutto dalla viva voce del Bertoncelli nel video), il critico aveva stroncato pesantemente l'album "Stanze di vita quotidiana" del cantautore di Pavana; Guccini non gradì e, quando scrisse, di getto, quella che egli chiamò "La canzone avvelenata" e che sarebbe diventata poi semplicemente "L'avvelenata", inserì in quel duro sfogo contro tutto e tutti anche il famoso verso: "Tanto ci sarà sempre, lo sapete/un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate". Quando Bertoncelli seppe della canzone, telefonò a Guccini (egli dice di aver trovato il numero sulla guida telefonica, provate oggi a cercare sull'elenco della città di residenza il recapito del signor Rossi Vasco o Ligabue Luciano) e lo incontrò. Dopo averlo conosciuto, Guccini voleva togliere il riferimento al critico nella "Canzone avvelenata"; questi tuttavia rifiutò e il brano fu poi pubblicato nel capolavoro "Via Paolo Fabbri 43" come "L'avvelenata"(che trovate qui sotto).

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